Jane Austen Lettere |
Lettere Introduzione
Per quanto riguarda la distruzione di moltissime lettere da parte della sorella Cassandra, abbiamo la testimonianza della nipote Caroline, la figlia di James, che scrive:Queste lettere sono in realtà prive di interesse? Io non credo. Persino se Jane Austen non avesse altro per cui essere ricordata, le sue lettere sarebbero degne di essere conosciute. Lette con attenzione, forniscono un ritratto della vita della classe medio-alta di quel tempo che è sicuramente senza rivali, e non descrivono solo modi di vivere, ma anche persone. La stessa famiglia di Jane Austen, con le sue ramificazioni attraverso i matrimoni, è in se stessa un argomento più esteso - direi quasi, più ambizioso - di qualsiasi altro trattato nei suoi romanzi. E anche se la caratterizzazione è secondaria, e quasi mai deliberata, è della stessa mano che ha creato Lady Bertram e Mrs. Norris. Intorno alla famiglia è raggruppata una galleria di personaggi secondari, tutti - a parte quelli solo nominati - dotati di una qualche individualità. È difficile persino non ricordare Mr. Robert Mascall, sebbene di lui non conosciamo nulla di più del fatto che "mangia una gran quantità di burro". [vedi la lettera 91] Ovviamente il reale impatto di questa perdita è solo materia di ipotesi. Possiamo dire con certezza di aver perso molti particolari della vita di JA, soprattutto particolari visti con i suoi occhi, ma forse non ci avremmo trovato molto di più di quello che abbiamo, perché, sempre citando Chapman:Le sue lettere alla Zia Cassandra (perché talvolta erano separate) credo proprio che fossero aperte e confidenziali. Mia Zia le controllò e ne bruciò la maggior parte (così mi disse) 2 o 3 anni prima della propria morte. Ne lasciò, o ne diede alcune come ricordo alle Nipoti, ma di quelle che ho visto io diverse avevano parti tagliate. (2) Forse dovremmo allora rammaricarci di più della perdita delle lettere inviate a persone diverse da Cassandra, delle quali abbiamo una sparuta rappresentanza. La mancanza più grave è però probabilmente quella di interi pezzi della vita di JA: la prima lettera è del gennaio 1796, quando aveva appena compiuto vent'anni, poi abbiamo lettere dal 1798 al 1801, quasi nulla degli anni di Bath, dato che, con l'eccezione di una lettera del 1804 da Lyme Regis, l'elenco ricomincia dal 1805; poi una sola lettera nel 1806, nulla nel 1807, diverse lettere nel 1808 e 1809, nulla nel 1810, per ripartire dal 1811 fino alla morte nel 1817, con molte più lettere nell'ultimo periodo (1813-1817).Senza dubbio questa distruzione ci è costata molto, ma possiamo presumere che un materiale più ricco non avrebbe sostanzialmente mutato l'impressione che abbiamo da ciò che resta. Le due sorelle vissero insieme per gran parte della loro vita, e in condizioni di stretta intimità. Di tanto in tanto si separavano per lunghe visite, e si scrivevano regolarmente. Ma lo scopo di queste lettere era di scambiarsi informazioni non solo tra di loro, ma tra due rami di una famiglia molto ampia. Ci sono segnali che indicano come queste lettere e altre simili fossero lette, o fatte leggere, a diverse persone. Ma anche se non fosse stato così, non sarebbe stato coerente con il carattere delle sorelle, o con le loro abitudini di vita, scambiarsi lettere contenenti sentimenti intimi o disquisizioni sui massimi sistemi. Non sarebbe stato confacente al buonsenso di Jane Austen far spendere alla sorella sei pence (o giù di lì) per opinioni su religione o politica, su vita o letteratura, che erano già ampiamente conosciute, o tenute per sé. Ma le notizie non potevano aspettare, e le novità danno sempre soddisfazione. Credo che solo in casi rari e imprevisti si interrompesse l'ordinario flusso di notizie. Nonostante questi "buchi", ormai difficilmente colmabili da nuove acquisizioni, la lettura approfondita di queste lettere (4) ci racconta moltissimo della vita di JA e, indirettamente, anche della sua opera, sempre così vicina all'ambiente in cui è vissuta, come lei stessa afferma in due lettere del 1814 alla nipote Anna, che stava scrivendo un romanzo e lo faceva leggere via via alla zia: Non è facile dire in breve che cosa c'è dentro queste lettere, e per saperlo la cosa più semplice è leggerle. Ma visto che qui siamo in una introduzione, che dovrebbe avere il compito di descrivere al lettore ciò che troverà lungo la strada, ma anche di invogliarlo a percorrerla informandolo preventivamente dei luoghi più interessanti che gli passeranno via via sotto gli occhi, converrà forse, magari prendendo in prestito la metafora gastronomica che Henry Fielding mette all'inizio del suo Tom Jones, (5) fornire al lettore dubbioso un piccolo assaggio delle vivande che troverà in queste pagine, scegliendo qualcuno dei tanti menu possibili.Lascia che i Portman vadano in Irlanda, ma dato che tu non sai nulla delle Usanze di laggiù, faresti meglio a non andare con loro. Correresti il pericolo di fare descrizioni inesatte. Resta fedele a Bath e ai Forrester. Là sarai a casa tua. La famiglia: Il breve flirt con Tom Lefroy:Il nostro caro Padre ha concluso la sua vita virtuosa e felice, con una morte quasi priva di sofferenze quale i suoi Figli avrebbero desiderato. (Il padre, 40-1805) I giudizi tranchant, come quello ricordato da Chapman a proposito di Mr. Mascall:Mi fai tanti di quei rimproveri nella bella e lunga lettera che ho ricevuto in questo momento, che ho quasi paura di dirti come ci siamo comportati io e il mio amico irlandese. Immaginati le cose più dissolute e scandalose nel modo di ballare e di sederci vicini. La passione per il ballo:Ieri Mrs Hall, di Sherbourn, ha partorito un bimbo morto, qualche settimana prima del tempo, a causa di uno spavento. - Immagino che involontariamente le sia capitato di gettare lo sguardo sul marito. Le piccole cose quotidiane:Ci sono stati venti Balli, e io li ho ballati tutti, e senza nessuna fatica. - Sono stata contenta di scoprirmi capace di ballare così tanto e con così tanta soddisfazione; - dal mio scarso divertimento ai Balli di Ashford, (dato l'Assembramento per ballare) non avrei mai pensato di essere in grado di farlo, ma con il fresco e con poche coppie immagino che potrei ballare per una settimana di fila come se fosse mezzora. Leggere, scrivere, guadagnare:la prossima settimana darò il via agli interventi sul mio cappello, dai quali sai che dipendono le mie principali speranze di felicità. Mi fermo qui, anche se durante la traduzione i brani che ho evidenziato erano di gran lunga più numerosi; ma è giusto che ciascuno trovi i propri man mano che procede nella lettura.Avrebbe potuto risparmiarsi questa ostentazione con la nostra famiglia, dove ci sono grandi lettori di Romanzi che non si vergognano di esserlo; Ma come le dobbiamo leggere queste lettere? come informazioni di prima mano sulla vita di JA? con l'occhio attento ai particolari, per cogliere nei personaggi che vengono descritti analogie con quelli dei suoi romanzi? come un prezioso documento della vita di una classe sociale specifica nell'Inghilterra a cavallo tra Sette e Ottocento? Sì, ma anche, e soprattutto, come le parole di una delle più grandi voci della letteratura, capace, esattamente come nelle sue opere di fantasia, di farci entrare nel suo mondo, non importa se reale o inventato, facendo emergere dalla loro apparente futilità anche le minuzie della vita quotidiana, con l'acutezza, l'ironia e l'intelligenza che le sono proprie. È vero, in queste lettere non ci sono disquisizioni sui massimi sistemi, riferimenti, se non occasionali, alla travagliata storia dell'Inghilterra di quegli anni, ponderose riflessioni sulla letteratura; sono scritte con un "pennello fine" su un "pezzettino di avorio largo due pollici", forse con meno fatica delle sue opere, ma sicuramente con un effetto altrettanto lontano da quello così "minimo" dichiarato dall'autrice. E un'altra riflessione emerge dalla loro lettura. JA è unanimemente riconosciuta come maestra del discorso diretto, le conversazioni dei suoi romanzi hanno il dono dell'assoluta semplicità e naturalezza, unita alla capacità di mettere a nudo i sentimenti più veri e profondi di chi parla, di chi ascolta, di chi risponde. Nelle lettere non ci sono conversazioni, ma solo apparentemente, perché in realtà tutto l'epistolario è una lunga conversazione con i destinatari. Ce lo dice la stessa JA, quando scrive alla sorella: Forse perciò, paradossalmente, è nelle sue lettere, in questa "chiacchierata" che, pur nella sua frammentarietà, si snoda nell'arco di più di vent'anni, che possiamo trovare i suoi maggiori pezzi di bravura.Ormai ho acquisito la vera arte epistolare, che come ci hanno sempre detto, consiste nell'esprimere su carta esattamente ciò che si direbbe alla stessa persona a voce; ho chiacchierato con te quasi alla mia velocità abituale per tutta questa lettera. Termino come ho cominciato, citando la conclusione dell'Introduzione di Chapman: e Deirdre Le Faye, che gli fa eco nella conclusione della sua "Prefazione alla terza edizione":Dato che ho concluso la mia discontinua occupazione degli ultimi anni, durante i quali mi sono concesso l'innocua curiosità di osservare nascite, matrimoni e morte di persone senza importanza, dettagli di viaggi e conduzione economica di case di campagna, non posso fare a meno di richiamare alla memoria la frase finale di The Last Chronicle of Barset:Ma per me il Barset è stato una vera contea, e il suo capoluogo un vero capoluogo, e le guglie e le torri sono state davanti ai miei occhi, e le voci delle persone sono familiari alle mie orecchie, e i marciapiedi delle strade della città noti ai miei passi. (6)Che Godmersham e Chawton fossero e sono luoghi reali, come Barset e Mansfield non sono, non fa, credo, molta differenza. Il miracolo della comunicazione è lo stesso. E allora non dobbiamo fare altro che leggere le sue lettere, per tornare indietro di duecento anni e spiare dal buco della serratura la vita quotidiana di Jane Austen, della sua larghissima famiglia e dei tanti amici e conoscenti che ha incontrato nel corso della sua vita, cercando, senza esagerare, di cogliere anche indizi che ci aiutino a leggere meglio le sue opere.Il Dr Chapman aveva ricordato The Last Chronicle of Barset, e la curatrice di questa edizione si è ricordata del commento ai romanzi di Trollope da parte di Nathaniel Hawthorne, ovvero che essi erano «reali proprio come se qualche gigante avesse estratto un grosso pezzo dalla terra e l'avesse messo sotto una campana di vetro, con tutti i suoi abitanti che se ne vanno in giro impegnati nelle faccende quotidiane, senza sospettare di essere stati trasformati in protagonisti di una storia.» Le lettere di Jane Austen non sono "reali proprio come se", sono reali, e mentre le leggiamo, anche noi possiamo osservare le faccende quotidiane di lei stessa, della sua famiglia e degli amici che ne incrociavano la vita, e, se vogliamo, tornare indietro di duecento anni per partecipare non visti alle loro gioie e ai loro dolori.
(1) Dalle stime fatte sulla base della frequenza di quelle che ci rimangono e, per quanto riguarda quelle a Cassandra, dei periodi in cui le due sorelle furono separate nel corso dei numerosi viaggi dell'una o dell'altra in visita a parenti e amici, si può presumere che fossero circa tremila. (2) Caroline Austen, Mia zia Jane Austen. Ricordi. (3) Le lettere sono la 77 (1812), a Martha Lloyd, e la 159 (1817), a Anne Sharp. (4) Sì, è vero, ci vuole un po' per districarsi tra le più di mille persone citate - nell'indice dei nomi sono 1250 - tra le varie parentele più o meno lontane, tra omonimie che spesso confondono, tra i luoghi - 311, oltre a 105 indirizzi o località di posti più grandi - spesso nominati al posto della famiglia o della persona che là abitava. (5) "... i locandieri onesti e bene intenzionati hanno l'abitudine di provvedere una lista delle vivande, che tutti possono consultare appena entrati nell'albergo. E dopo essersi così informati del trattamento che possono aspettarsi, hanno la possibilità di rimanere a gustare ciò che viene fornito, oppure di andarsene in qualche altra locanda più adatta al loro gusto." (Henry Fielding, Tom Jones, trad. di Laura Marchiori, Rizzoli, Milano, 1999, pag. 48). (6) Anthony Trollope, Le ultime cronache del Barset, trad. di Rossella Cazzullo, Sellerio, Palermo, 2010, pag. 1131. |