Jane Austen

Thomas Babington Macaulay on Jane Austen (1843)
traduzione di Giuseppe Ierolli

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Thomas Babington Macaulay (1800-1859), uomo politico, saggista e storico, grande ammiratore di Jane Austen, tanto che Henry James lo definì con un po' di perfidia "her first slightly ponderous amoroso" (*) (il suo primo e leggermente eccessivo innamorato), riferendosi probabilmente al fatto che aveva paragonato la scrittrice a Shakespeare, un paragone che negli anni successivi venne citato in diversi altri scritti su Jane Austen (vedi, per esempio, Lewes e Kavanagh).
L'estratto che segue apparve in una recensione (anonima ma attribuita a Macauley) del volume The Diary and Letters of Mme D’Arblay (1842) nella rivista Edinburgh Review, Vol. LXXVI, October 1842 - January 1843, No. CLIV (January 1843), pagg. 523-570 (l'estratto è dalle pagg. 561–562).




(*) Henry James, "The Lesson of Balzac", in The Question of Our Speech. The Lesson of Balzac. Two Lectures, Houghton Mifflin Company, Boston and New York, 1905, pag. 62.


On Jane Austen

[Review: Diary and Letters of Madame D'Arblay -Five vols. 8vo. London: 1842.]

[by Thomas Babington Macaulay]



Shakspeare has had neither equal nor second. But among the writers who, in the point which we have noticed, have approached nearest to the manner of the great master, we have no hesitation in placing Jane Austen, a woman of whom England is justly proud. She has given us a multitude of characters, all in a certain sense, common-place, all such as we meet every day. Yet they are all as perfectly discriminated from each other as if they were the most eccentric of human beings. There are, for example, four clergymen, none of whom we should be surprised to find in any parsonage in the kingdom, Mr Edward Ferrars, Mr Henry Tilney, Mr Edmund Bertram, and Mr Elton. They are all specimens of the upper part of the middle class. They have all been liberally educated. They all lie under the restraints of the same sacred profession. They are all young. They are all in love. Not one of them has any hobbyhorse, to use the phrase of Sterne. Not one has a ruling passion, such as we read of in Pope. Who would not have expected them to be insipid likenesses of each other? No such thing. Harpagon is not more unlike to Jourdain, Joseph Surface is not more unlike to Sir Lucius O’Trigger, than every one of Miss Austen’s young divines to all his reverend brethren. And almost all this is done by touches so delicate, that they elude analysis, that they defy the powers of description, and that we know them to exist only by the general effect to which they have contributed.

A line must be drawn, we conceive, between artists of this class, and those poets and novelists whose skill lies in the exhibiting of what Ben Jonson called humours. The words of Ben are so much to the purpose, that we will quote them:

    'When some one peculiar quality
    Doth so possess a man, that it doth draw
    All his affects, his spirits, and his powers,
    In their confluxions all to run one way,
    This may be truly said to be a humour.'

There are undoubtedly persons, in whom humours such as Ben describes have attained a complete ascendency. The avarice of Elwes, the insane desire of Sir Egerton Brydges for a barony to which he had no more right than to the crown of Spain, the malevolence which long meditation on imaginary wrongs generated in the gloomy mind of Bellingham, are instances. The feeling which animated Clarkson and other virtuous men against the slave-trade and slavery, is an instance of a more honourable kind.

Seeing that such humours exist, we cannot deny that they are proper subjects for the imitations of art. But we conceive that the imitation of such humours, however skilful and amusing, is not an achievement of the highest order; and, as such humours are rare in real life, they ought, we conceive, to be sparingly introduced into works which profess to be pictures of real life. Nevertheless, a writer may show so much genius in the exhibition of these humours, as to be fairly entitled to a distinguished and permanent rank among classics. The chief seats of all, however, the places on the dais and under the canopy, are reserved for the few who have excelled in the difficult art of portraying characters in which no single feature is extravagantly overcharged.

Su Jane Austen

[Recensione: Diario e lettere di Madame D'Arblay (1) - 5 voll. 8vo. Londra, 1842]

[di Thomas Babington Macaulay]



Shakspeare (sic) non ha mai avuto un eguale, né un secondo. Ma tra gli scrittori che, per il punto che abbiamo evidenziato, (2) si sono avvicinati di più alla maniera del grande maestro, non abbiamo esitazioni nell'assegnare un posto a Jane Austen, una donna della quale l'Inghilterra va giustamente fiera. Ci ha donato una moltitudine di personaggi, tutti, in un certo senso, comuni, tutti come possiamo incontrarne ogni giorno. Eppure sono tutti perfettamente distinti l'uno dall'altro come se fossero i più stravaganti tra gli esseri umani. Ci sono, per esempio, quattro ecclesiastici, nessuno dei quali saremmo sorpresi di trovare in qualsiasi canonica del regno, Mr Edward Ferrars, Mr Henry Tilney, Mr Edmund Bertram e Mr Elton. Sono tutti esempi del ceto più elevato della classe media. Tutti sono stati abbondantemente istruiti. Tutti sono relegati alla stessa professione sacra. Sono tutti giovani. Sono tutti innamorati. Nessuno di loro ha un passatempo, per usare una frase di Sterne. (3) Nessuno ha una passione predominante, come ne leggiamo in Pope. Chi non si sarebbe aspettato di trovare in loro un'insipida somiglianza? Nulla di tutto questo. Arpagone non è più diverso da Jourdan, Joseph Surface non lo è da Sir Lucius O'Trigger, di quanto ciascuno dei giovani sacerdoti di Miss Austen non lo sia rispetto a tutti i suoi reverendi fratelli. (4) E quasi tutto questo è fatto con tocchi così delicati da sottrarsi ad analisi, da sfidare le capacità di descrizione, e li riconosciamo come esistenti solo dall'effetto generale al quale hanno contribuito.

Riteniamo che debba essere tracciato un confine fra artisti di questa classe, e quei poeti e romanzieri le cui qualità si limitano all'esibire ciò che Ben Jonson chiamava umori. Le parole di Ben sono talmente a proposito, che le citeremo:

    Quando la qualità peculiare di qualcuno
    Prende possesso di un uomo tanto da trascinare
    Tutti i suoi affetti, il suo animo e le sue capacità,
    Nel loro scorrere prendono tutti un'unica via,
    Che può essere veracemente chiamata un umore. (5)

Senza dubbio ci sono persone nelle quali l'umore, così come descritto da Ben, ha conseguito una completa supremazia. L'avidità di Elwes, l'insano desiderio di Sir Egerton Brydges per una baronia per la quale non ha diritti maggiori di quanti ne abbia per la corona di Spagna, il malanimo che lunghe riflessioni su torti immaginari hanno generato nella mente depressa di Bellingham, ne sono degli esempi. I sentimenti che animano Clarkson e altri uomini virtuosi contro la tratta degli schiavi e la schiavitù, sono un esempio di un genere più onorevole. (6)

Visto che questi umori esistono, non possiamo negare che siano dei soggetti appropriati per le imitazioni dell'arte. Ma riteniamo che l'imitazione di tali umori, per quanto abile e divertente, non sia un traguardo di livello elevato, e, dato che tali umori sono rari nella vita reale, devono, crediamo, essere introdotti in modo parsimonioso in opere che affermano di essere descrizioni della vita reale. Nondimeno, uno scrittore può rivelare così tanta genialità nell'esibire questi umori, da essere correttamente ritenuto appartenente a un livello insigne e permanente nell'ambito dei classici. I seggi più importanti di tutti, però, i posti nel palco e sotto il baldacchino, sono riservati ai pochi che si sono distinti in eccellenza nella difficile arte di ritrarre personaggi in cui nessuna caratteristica singola è eccessivamente esagerata.



(1) Madame D'Arblay era Frances (Fanny) Burney, che nel 1793 aveva sposato un generale francese in esilio, Alexandre D'Arblay.

(2) Nel paragrafo precedente Macauley aveva messo in luce la differenza tra caricatura e descrizione realistica della natura umana, attribuendo il primato di quest'ultima ai personaggi shakespeariani.

(3) Ho tradotto con passatempo il termine "hobbyhorse" (letteralmente un cavallo a dondolo, ma anche un semplice bastone che i ragazzi usano per fingere di cavalcare), usato da Laurence Sterne nel suo Tristram Shandy per indicare quello che oggi chiamiamo anche con il termine inglese "hobby", ma che assume anche il significato di "mania, pallino".

(4) Arpagone (L'avaro) e Jourdain (Il borghese gentiluomo) sono personaggi di Molière; Joseph Surface (The School for Scandal) e Sir Lucius O’Trigger (The Rivals) di Richard Brinsley Sheridan.

(5) Ben Jonson, Every Man in His Humour (1598), Induction (prologo).

(6) John Elwes (1714-1789) era un deputato inglese noto per l'avidità e l'avarizia; si presume che abbia ispirato il personaggio di Ebenezer Scrooge nel Canto di Natale di Dickens. Per Sir Samuel Egerton Brydges 1762-1837), scrittore, ci sono dei riferimenti austeniani, visto che era il fratello di Madame Lefroy (nata Anne Brydges) la matura amica della giovinezza di Jane Austen morta nel 1804 per un incidente a cavallo; dal 1790 al 1803 aveva intentato una causa per un titolo nobiliare al quale riteneva di avere diritto ma che non gli fu riconosciuto. Bellingham è probabilmente John Bellingham (1769-1812), che l'11 maggio 1812 uccise con un colpo di pistola il primo ministro Spencer Percival, e che dal 1809 aveva più volte presentato dei ricorsi contro presunte irregolarità a suo danno da parte dell'ambasciata inglese in Russia, mai riconosciute dai tribunali. Thomas Clarkson (1760-1846) era un attivista della causa per l'abolizione della schiavitù; nel 1808 pubblico, in due volumi, una storia della lunga lotta parlamentare per l'approvazione della legge anti schiavitù, approvata nel 1807: History of the Rise, Progress, and Accomplishment of the Abolition of the African Slave Trade by the British Parliament.

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