Jane Austen
Eaton Stannard Barrett - The Heroine
Letter III
traduzione di Giuseppe Ierolli

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THE HEROINE


LETTER III

Soon after my last letter, I was summoned to dinner. What heroine in distress but loaths her food? so I sent a message that I was unwell, and then solaced myself with a volume of the Mysteries of Udolpho, which had escaped the conflagration. At ten, I flung myself on my bed, in hopes to have dreams portentous of my future fate; for heroines are remarkably subject to a certain prophetic sort of night-mare. You remember the story that Ludovico read, of a spectre who beckons a baron from his castle in the dead of night, and leading him into a forest, points to his own corpse, and bids him bury it. Well, owing, I suppose, to my having just read this episode, and to my having fasted so long, I had the following dreams.

Methought a delicious odour of viands attracted me to the kitchen, where I found an iron pot upon the fire simmering in unison with my sighs. As I looked at it with a longing eye, the lid began to rise, and I beheld a half-boiled turkey stalk majestically forth. It beckoned me with its claw. I followed. It led me into the yard, and pointed to its own head and feathers, which were lying in a corner. I felt infinitely affected.

Straight the scene changed. I found myself seated at a dinner-table; and while I was expecting the repast, lo, the Genius of Dinner appeared. He had a mantle laced with silver eels, and his locks were dropping with costly soups. A crown of golden fishes was on his head, and pheasants' wings at his shoulders. A flight of little tartlets fluttered around him, and the sky rained down hock, comfits, and Tokay. As I gazed on him, he vanished, in a sigh, that was strongly impregnated with the fumes of brandy. What vulgar, what disgusting visions, when I ought to have dreamt of nothing but coffins and ladies in black.

At breakfast, this morning, Wilkinson affected the most tender solicitude for my health; and as I now watched his words, I could discover in almost all that he said, something to confirm my surmise of his not being my father.

After breakfast a letter was handed to him, which he read, and then gave to me. It was as follows:

London.

In accepting your invitation to Sylvan Lodge, my respected friend, I am sure I shall confer a far greater favor on myself, than, as you kindly tell me, I shall on you. After an absence of seven years, spent in the seclusion of a college, and the fatigues of a military life, how delightful to revisit the scene of my childhood, and those who contribute to render its memory so dear! I left you while you were my guardian; I return to you with the assurances of finding you a friend. Let me but find you what I left you, and you shall take what title you please.

Yet, much as I flatter myself with your retaining all your former feelings towards me, I must expect a serious alteration in those of my friend Cherry. Will she again make me her playmate? Again climb my shoulders, and gallop me round the lawn? Are we to renew all our little quarrels, then kiss and be friends? Shall we even recognize each other's features, through their change from childhood to maturity? There is, at least, one feature of our early days, that, I trust, has undergone no alteration—our mutual affection and friendship.

I fear I cannot manage matters so as to be with you before ten to-morrow night: remember I bespeak my old room.

         Ever affectionately your's,

ROBERT STUART.   

To Gregory Wilkinson, Esq.

'There,' cries the farmer, 'if I have deprived you of an old woman, I have got you a young man. Large estates, you know;—handsome, fashionable;—come, pluck up a heart, my girl; ay, egad, and steal one too.'

I rose, gave him one of my ineffable looks, and retired to my chamber.

'So,' said I, locking my door, and flinging myself on the bed, 'this is something like misery. Here is a precious project against my peace. I am to be forced into marriage, am I? And with whom? A man whose legitimacy is unimpeached, and whose friends would certainly consent. His name Robert too:—master Bobby, as the servants used to call him. A fellow that mewed like a cat, when he was whipt. O my Bob! what a pretty monosyllable for a girl like me to pronounce. Now, indeed, my wretchedness is complete; the cup is full, even to overflowing. An orphan, or at least an outcast; immured in the prison of a proud oppressor—threatened with a husband of decent birth, parentage and education—my governess gone, my novels burnt, what is left to me but flight? Yes, I will roam through the wide world in search of my parents; I will ransack all the sliding pannels and tapestries in Italy; I will explore Il Castello Di Udolpho, and will then enter the convent of Ursulines, or Carmelites, or Santa della Pieta, or the Abbey of La Trappe. Here I meet with nothing better than smiling faces and honest hearts; or at best, with but sneaking villains. No precious scoundrels are here, no horrors, or atrocities, worth mentioning. But abroad I shall encounter banditti, monks, daggers, racks—O ye celebrated terrors, when shall I taste of you?'

I then lay planning an elopement, till I was called to dinner.

Adieu.       

L'EROINA


LETTERA III

Subito dopo la mia ultima lettera, sono stata chiamata per il pranzo. Quale eroina in ambasce non è riluttante al cibo? E così, ho mandato a dire che ero indisposta, e poi ho trovato conforto in un volume dei Misteri di Udolpho che era scampato al rogo. Alle dieci sono corsa a letto, nella speranza di fare sogni prodigiosi sul fato che mi aspetta, poiché le eroine sono straordinariamente soggette a un certo tipo di incubi profetici. Vi ricorderete della storia che legge Ludovico, di uno spettro che attira un barone fuori del suo castello nel cuore della notte, e lo conduce in una foresta, indica il proprio cadavere e lo invita a seppellirlo. (1) Be', presumo che proprio l'aver letto questo episodio, e aver digiunato così a lungo, mi abbia fatto fare i sogni che seguono.

Mi sembrava che un odore delizioso mi attraesse in cucina, dove sul fuoco c'era una pentola di ferro che ribolliva all'unisono con i miei sospiri. Non appena mi misi a guardarla con occhi avidi, il coperchio cominciò ad alzarsi, e vidi un tacchino bollito a metà che ne usciva in modo maestoso. Mi fece cenno con gli artigli. Lo seguii. Mi portò in cortile, e indicò la sua testa e le sue penne che giacevano in un angolo. Mi sentii infinitamente coinvolta.

Improvvisamente la scena cambiò. Mi ritrovai seduta a un tavolo da pranzo, e mentre stavo aspettando il pasto, ecco che appare il Genio del Pranzo. Aveva un mantello fatto di anguille d'argento, e dai riccioli gocciolavamo zuppe sontuose. In testa aveva una corona di pesci dorati e sulle spalle ali di fagiano. Un nugolo di pasticcini gli volteggiava intorno, e dal cielo pioveva vino del Reno, confetti e tocai. Mentre il mio sguardo era fisso su di lui, svanì, con un sospiro fortemente impregnato di vapori di brandy. Che visioni volgari e disgustose, visto che non avrei dovuto sognare altro che bare e dame in nero.

A colazione, stamattina, Wilkinson ha finto le più tenere premure per la mia salute, e dato che ormai sono molto attenta alle sue parole, in quasi tutto ciò che ha detto sono stata in grado di scoprire qualcosa a conferma della mia ipotesi che non sia mio padre.

Dopo colazione gli è stata portata una lettera; l'ha letta e poi me l'ha data. Eccone il contenuto:

Londra

Nell'accettare il vostro invito a Sylvan Lodge, mio stimato amico, sono certo di fare un onore molto più grande a me stesso che, come mi dite con estrema cortesia, a voi. Dopo un'assenza di sette anni, trascorsa nella reclusione di un collegio, e le fatiche della vita militare, sarà una delizia rivedere il luogo della mia infanzia, e coloro che contribuiscono a renderne così caro il ricordo! Vi lasciai quando eravate il mio tutore, torno da voi con la certezza di ritrovare un amico. Fatevi solo ritrovare come vi ho lasciato, e per me sarete ciò che più vi aggrada.

Eppure, se mi lusingo che voi nutriate per me gli stessi sentimenti di allora, devo aspettarmi un deciso cambiamento in quelli della mia amica Cherry. Vorrà ancora essere la mia compagna di giochi? Salirmi sulle spalle e farmi galoppare nei prati? Rinnoveremo tutti i nostri piccoli litigi, seguiti da un bacio e amici come prima? Ci riconosceremo a vicenda, nonostante i cambiamenti dall'infanzia alla maturità? Ma c'è almeno una cosa dei nostri giorni passati che, ne sono certo, non ha subito modifiche... il nostro mutuo affetto e la nostra amicizia.

Temo di non riuscire a sistemare le cose in modo tale da essere da voi prima delle dieci di domani sera; ricordate, conto di avere la mia vecchia stanza.

         Con immutato affetto, il vostro,

ROBERT STUART   

A Gregory Wilkinson, Esq.

"Ecco", ha esclamato il contadino, "se ti ho privato di una donna anziana, ti ho procurato un giovanotto. Ampie proprietà, lo sai... bello, alla moda; andiamo, lascia perdere un cuore, ragazza mia... su, perbacco... e prenditene un altro."

Mi sono alzata, gli ho lanciato uno dei miei ineffabili sguardi, e mi sono ritirata in camera mia.

"E così", mi sono detta, chiudendo la porta e buttandomi sul letto, "ecco qualcosa di simile all'infelicità. Ecco un prezioso progetto contro la mia tranquillità. Sarò costretta a sposarmi, no? e con chi? Con un uomo la cui legittimità è indiscussa, e i cui parenti di certo acconsentiranno. E si chiama pure Robert... padron Bobby, come lo chiamavano i servitori. Un tipo che miagolava come un gatto, quando lo frustavano. Oh, Bob mio! che bel monosillabo da pronunciare, per una ragazza come me. Ormai, non c'è dubbio, la mia disgrazia è completa, la coppa è colma, tanto da traboccare. Un'orfana, o almeno una reietta, murata nella prigione di un orgoglioso oppressore... con la minaccia di un marito di nascita, parentela ed educazione appropriate... la mia istitutrice cacciata, i miei romanzi bruciati; che cosa mi resta se non fuggire? Sì, percorrerò il vasto mondo alla ricerca dei miei genitori; rovisterò tra tutti i pannelli scorrevoli e gli arazzi d'Italia; esplorerò Il Castello di Udolpho (2), e poi entrerò in un convento di Orsoline, o di Carmelitane, o di Santa Maria della Pietà, o in un'abbazia trappista. Qui non ho nulla di meglio di facce sorridenti e cuori onesti, nessun orrore, nessuna atrocità degna di menzione. Ma all'estero incontrerò banditi, monaci, stiletti, ruote della tortura... Oh, celebrati orrori, quando potrò assaporarvi?"

Poi mi sono dedicata a progettare la fuga, fino a quando non mi hanno chiamata per il pranzo.

Addio.       



(1) Ann Radcliffe, The Mistery of Udolpho, vol. IV, cap. 6.

(2) In italiano nel testo.

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