Jane Austen Thomas Henry Lister (1830) |
Thomas Henry Lister (1800-1842), romanziere.
L'estratto che segue è tratto da una recensione a Women as they are, di Catherine Gore, apparsa nella rivista The Edinburgh Review, July 1830, pp. 444-462 (l'estratto è nelle pp. 448-450).
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On Jane Austen [Women as they Are; or, the Manners of the Day [by Thomas Henry Lister]
Miss Austen has never been so popular as she deserved to be. Intent on fidelity of delineation, and averse to the commonplace tricks of her art, she has not, in this age of literary quackery, received her reward. Ordinary readers have been apt to judge of her as Partridge, in Fielding's novel, judged of Garrick's acting. He could not see the merit of a man who merely behaved on the stage as any body might be expected to behave under similar circumstances in real life. He infinitely preferred the 'robustious periwig-pated fellow,' who flourished his arms like a windmill, and ranted with the voice of three. It was even so with many of the readers of Miss Austen. She was too natural for them. It seemed to them as if there could be very little merit in making characters act and talk so exactly like the people whom they saw around them every day. They did not consider that the highest triumph of art consists in its concealment; and here the art was so little perceptible, that they believed there was none. Her works, like well-proportioned rooms, are rendered less apparently grand and imposing by the very excellence of their adjustment. It must perhaps be confessed, that she availed herself too little of the ordinary means of attracting attention and exciting interest. Her plots are very simple, formed upon the most rigid view of probabilities, excluding every thing romantic or surprising, or calculated to produce a very powerful emotion, and including only such events as occur in every-day life. Her characters are, for the most part, commonplace people, little distinguished by their mental qualities from the mass of their fellow-creatures, of secondary station, and hardly ever exhibited through that halo of rank and wealth which makes many an ill-drawn sketch pass current with a credulous public. 'Materiam superabat opus,' may be said of her works. No novelist perhaps ever employed more unpromising materials, and by none have those materials been more admirably treated. Her forte lay not so much in describing events, as in drawing characters; and in this she stands almost alone. She possessed the rare and difficult art of making her readers intimately acquainted with the characters of all whom she describes. We feel as if we had lived among them; and yet she employs no elaborate description—no metaphysical analysis—no antithetical balance of their good and bad qualities. She scarcely does more than make them act and talk, and we know them directly. In dialogue she also excelled. Her conversations are never bookish—they are just what might have been said; and they are eminently characteristic. We have seen a good deal of spirited dialogue, in which the parts might be transposed and given to other interlocutors, with very little injury to the effect of the whole. This is never the case in the conversations introduced by Miss Austen. Every thing that is said, however short and simple, belongs peculiarly to the person by whom it is uttered, and is indicative of their situation, or turn of mind. And yet they do not seem to talk for effect; they merely say just what it seems most natural that they should have said. In the ridicule of human foibles, she showed great delicacy and address. She never railed in set terms, and seldom launched the shafts of direct satire; but she made us equally sensible of the absurdity or unreasonableness which she wished to expose,—perhaps without even having recourse to one single condemnatory expression. A nicely-regulated vein of humour runs through her writings, never breaking out into broad mirth, but ever ready to communicate a pleasing vivacity to the current of her story. To the above merits may be added those of the purest morality, and most undeviating good sense. Few, if any, fictitious writings have a more decided tendency to improve the hearts of those who read them; and this end is gained without any thing that could be called sermonizing even by the most impatient. |
Su Jane Austen [Women as they Are; or, the Manners of the Day [di Thomas Henry Lister
Miss Austen non è mai stata popolare come meritava di essere. Attenta alla fedeltà delle descrizioni, e contraria ai comuni trucchi del mestiere, non ha, in questi tempi di ciarlataneria letteraria, quanto le spetterebbe. I comuni lettori sono inclini a giudicarla come Partridge, nel romanzo di Fielding, giudicava la recitazione di Garrick. (1) Egli non riusciva a capire le qualità di un uomo che sulla scena si comportava semplicemente come chiunque ci si aspetti che si comporti nella vita reale in circostanze simili. Preferiva infinitamente il "tipo robusto e imparruccato" (2) che muoveva le braccia come un mulino a vento, e sbraitava con il volume di voce di tre persone. Così era per molti dei lettori di Miss Austen. Per loro era troppo naturale. Sembrava loro come se ci fosse ben poco merito nel creare personaggi che agiscono e parlano esattamente come la gente che vedevano tutti i giorni. Non consideravano che il più alto trionfo dell'arte consiste nel nascondersi, e in questo caso l'arte era così poco percepibile che essi ritenevano che non ce ne fosse alcuna. Le sue opere, come stanze ben proporzionate, sono rese apparentemente meno grandiose e solenni dalla perfezione con la quale sono sistemate. Forse si deve ammettere che si avvaleva troppo poco dei soliti metodi per attirare l'attenzione e suscitare interesse, Le sue trame sono molto semplici, costruite secondo rigidi canoni di plausibilità; escludono tutto ciò che è romantico, sorprendente o calcolato per produrre emozioni troppo intense, e includono soltanto avvenimenti che succedono nella vita di tutti i giorni. I suoi personaggi sono, in gran parte, persone comuni, poco distinguibili per le loro doti intellettive dalla massa dei loro simili, appartenenti a classi subalterne, e quasi mai mostrati con quell'aureola di rango e ricchezza che spesso rende accettabile a un pubblico ingenuo un pezzo malfatto. Delle sue opere si può dire che Materiam superabat opus. (3) Forse nessun romanziere ha mai usato materiali meno promettenti, materiali che nessuno ha trattato in modo più ammirevole. Il suo forte non era tanto nel descrivere avvenimenti, quanto nel delineare personaggi, e in questo si erge quasi solitaria. Possedeva la rara e difficile arte di far sì che il lettore acquisisca una conoscenza intima dei caratteri di coloro che descrive. Ci sembra di aver vissuto insieme a loro, eppure non utilizza descrizioni elaborate, o analisi metafisiche, o valutazioni contrapposte sulle loro qualità buone e cattive. Praticamente non fa nulla di più che farli agire e parlare, e così noi possiamo conoscerli in modo diretto. Eccelleva anche nei dialoghi. Le sue conversazioni non sono mai libresche, sono soltanto ciò poteva essere detto, e sono perfettamente caratterizzate. Conosciamo una gran quantità di dialoghi vivaci, nei quali le parti potrebbero essere attribuite a un altro interlocutore, con quasi nulla che rovini l'effetto dell'insieme. Non è mai così nelle conversazioni scritte da Miss Austen. Tutto ciò che è detto, per quanto breve e semplice, appartiene in modo peculiare alla persona che l'ha pronunciato, e indica con chiarezza la sua posizione, o il suo modo di pensare. I personaggi non sembrano parlare per creare un particolare effetto, dicono semplicemente ciò che sembra naturale che dicano. Nel mettere in ridicolo le debolezze umana, dimostrava molto delicatezza e tatto. Non criticava mai in modo diretto, e raramente i suoi dardi satirici erano troppo scoperti; ma il lettore era comunque colpito dalle assurdità e dalle insensatezze che lei voleva rivelare, in pratica senza mai far ricorso a una sola espressione di condanna. Una ben controllata vena di umorismo attraversa i suoi scritti, senza mai trasformarsi in una esplicita ilarità, ma sempre pronta a trasmettere una piacevole vivacità allo svolgersi della trama. Alle suddette qualità si possono aggiungere quelle di una limpida moralità e di un rigoroso buonsenso. Poche opere di finzione, se ce ne sono, posseggono una maggiore tendenza a migliorare l'animo di chi le legge, ed è uno scopo ottenuto senza che nessuno, nemmeno il più impaziente, possa tacciarle di somigliare a delle prediche.
(1) Mr. Partridge è un personaggio del Tom Jones, di Henry Fielding. (2) William Shakespeare, Amleto, III,II, 9. (3) Ovidio, Metamorfosi, II, 5: "L'opera superava il materiale". |